CAMMINI SU LITORALI DELLA SICILIA NORD TRA INSEDIAMENTI MARINARI E DUNE - RICORDI DI UN PASSATO RECENTE, San Giorgio di Gioiosa Marea (ME) e Laghetti di Marinello, Patti (ME)
CAMMINI SU LITORALI DELLA SICILIA NORD TRA INSEDIAMENTI MARINARI E DUNE - RICORDI DI UN PASSATO RECENTE. San Giorgio di Gioiosa Marea (ME), Patti (ME).
Negli anni
1970-1980 ho camminato molto vicino al mare su coste della Sicilia
settentrionale che ancora non erano state intaccate dal turismo di massa, e che
conservavano l’autenticità antica nei borghi di pescatori, nelle tonnare
emergenti sui litorali tra il blu del mare ed il bianco della sabbia, nel
rapporto intimo tra le spiagge, i canneti che crescevano ai margini di terre
aride, le basse casette delle marine, allineate lungo stradine soleggiate e
ventilate, sulle quali passavano pochissime auto.
Su questi lidi il silenzio nella calura estiva era rotto solo dal fruscio
costante della brezza; gli abitanti camminavano a piedi scalzi su selciati
coperti di sabbia, facevano la siesta innanzi alle porte delle case, sotto
tende colorate che oscillavano nel vento, i bambini scorazzavano liberi a piedi
o in bicicletta.
Negli anni
2000 sono tornata a camminare sulla spiaggia di San Giorgio, uno dei miei
borghi preferiti, che mi era rimasto impresso nella memoria e nella
sensorialità.
Ho cercato
inutilmente le stradine, le casette ed i canneti, ed ho preso atto,
disorientata, che il luogo era totalmente mutato, con strada asfaltata,
parcheggi, palazzine, schiere di villette ed una discoteca di fronte al mare,
proprio accanto ad un campeggio fiancheggiato da una pineta. La grande
tonnara in cui in passato acquistavo scatole di latta con filettoni di tonno in
olio era abbandonata, ma ancora visibile nello skyline del litorale; una lunga
barca da pesca in legno giaceva insabbiata, con il possente fasciame consumato
da sole, vento e salsedine. Reperti abbandonati e dimenticati del patrimonio
storico, socio-culturale ed economico di gente autentica di mare di un passato
non molto lontano. Gli unici elementi immutati erano il mare blu mosso dal
vento di maestrale e la spiaggia di chiaro e finissimo ghiaietto, ancora libera
e percorribile da un capo all’altro della baia.
Ho camminato
a lungo sulla battigia con i miei figli piccoli per mano, ed ho gustato il
movimento in libertà nell’ampiezza di quello spazio ritrovato, con corse
solitarie di fronte al mare, cadenzate nella luce del sole estivo al tramonto,
mentre i bambini mangiavano tranquilli sulla spiaggia la cena al sacco.
Uno
dei cammini marittimi più affascinati su quei litorali si svolgeva tra dune e
laghetti di acqua salata che si estendevano alla base della montagna di
Tindari, strapiombante e dominata dal santuario, con bastioni rocciosi
ricoperti da vegetazione mediterranea cespugliosa e spinosa, coloratissima e
dall’odore acre, tra cui spiccavano agavi fiorite e siepi di fichi d’India
cariche di frutti.
Da un borgo
costiero si procedeva lungo il sentiero che inizialmente costeggiava un
laghetto di acqua salmastra con rive scure di sabbie mobili, e poi si apriva
sullo spazio immenso di dune surriscaldate dal sole. Si camminava
nella luce accecante, come in un deserto in fondo al quale il mare appariva
lontanissimo nella foschia.
Lungo il
sentiero si incontravano altri laghetti dalle forme curvilinee, sempre
cangianti per effetto delle maree, dei venti e delle mareggiate; per
attraversare questi laghetti evitando di circumnavigarli, si camminava o si nuotava
in acque basse, trasparenti e tranquille, appena increspate dal vento.
Il cammino si
concludeva sul lembo estremo della duna, di fronte al mare aperto, blu,
profondo, mosso, tra le onde frangenti sollevate dal maestrale. Questo
cammino regalava felicità.
Oggi il
litorale è protetto, e fa parte della Riserva Naturale dei Laghetti di
Marinello. Talvolta, spinta dal desiderio di rivedere almeno virtualmente quel
luogo magico dei miei cammini del passato, osservo foto e video, provo a
sorvolare la costa con Google Maps ed immagino che uno zoom mi faccia atterrare
sulla duna, anche solo per un istante.
Noto che la
linea di costa si è molto modificata, specie nel lembo estremo, che alcuni
decenni fa assomigliava ad una falce lunga ed ampia, che cingeva e proteggeva
l’intero complesso dei laghetti.
L’azione
erosiva del mare, obbedendo agli imperativi di madre natura secondo cui
l’elemento più forte prende sempre il sopravvento, ha ridisegnato i margini
della duna del passato, che rimangono immortalati solo nei mei ricordi ed in
alcune vecchie cartoline a colori degli anni '70.
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ARCHITETTURE-CAMMINO
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