CAMMINI E RICORDI DELLA "FOSSA DI PAPA" tra presente e passato, Punta Campanella, Termini di Massa Lubrense (NA)


CAMMINI E RICORDI DELLA "FOSSA DI PAPA" tra presente e passato, Punta Campanella, Termini di Massa Lubrense (NA)

Ritrovo questa vecchia foto degli anni '80 stampata su carta fotografica, conservata nell'album tra foglietti sottili di plastica trasparente, come si usava fare prima dell'avvento del digitale, e mi tornano in mente ricordi, atmosfere e colori gustati in cammino in un luogo del cuore sul promontorio di Punta Campanella: “Fossa Papa", una località speciale ed ambivalente, denominata anche “Fossa di Papa”.
Il toponimo, di incerta ed oscura origine, evoca un connubio contrastante che si manifesta in un sito unico, incuneato tra la montagna ed il mare, laddove le componenti naturali di uno spazio selvaggio ed inquietante come il nome “Fossa”, convivono con le componenti antropiche di uno spazio costruito e coltivato su un suolo dalla morfologia ospitale, dominante e panoramica, per certi versi rassicurante come il nome “Papa”.
Il camminatore che percorre la strada in discesa dal centro abitato di Termini verso Punta Campanella, dopo aver attraversato lo strapiombo di Canciello, presidiato dall’edicola votiva di Sant’Anna, beneaugurante e sospesa sulla roccia verticale, si trova introdotto attraverso lo stretto “cancello” roccioso di Canciello, nell’antichissima area sacra del mitico Promontorium Minervae.



Il percorso di avvicinamento alla località Fossa Papa si svolge attraverso una verde campagna di oliveti secolari, immersi in un paesaggio costruito dalla mano dell’uomo, in cui la montagna è tutta strutturata a gradoni, con muretti a secco in pietra che delimitano appezzamenti lunghi, che seguono l’andamento delle curve di livello nelle località Namonte e Pezzalonga. Quest’ultima località, così denominata per la sua configurazione di “pezza lunga” cioè di lungo appezzamento coltivato, verdeggiante ed in lieve declivio, dopo alcune centinaia di metri perde improvvisamente la sua dolcezza e si scontra su rocce aride, taglienti, inclinate a 45 gradi.


Il paesaggio presenta una soluzione di continuità netta, con il passaggio dalla terra coltivata della “pezza” alla terra selvaggia della montagna, dall’ombra degli alberi di olivo al sole che picchia sulla bassa macchia mediterranea aggrappata alle rocce, da uno spazio antropizzato e confortante, ad uno spazio in cui la natura domina incontrastata, dalle macchie in cui cantano uccellini invisibili, al cielo in cui volteggiano in alto i falchi ed in basso i gabbiani. Il panorama si apre verso il mare.
Mi piace associare questo sito, in cui il paesaggio si trasforma e coglie di sorpresa chi lo attraversa per la prima volta, ad una ideale porta di ingresso alla località Fossa Papa che si estende verso valle.

(foto di Elia Fontana)

Ho percorso infinite volte la strada sin da bambina, dalla metà degli anni ’60, e ricordo perfettamente che fino ad alcuni decenni fa la porta ideale di accesso a Fossa Papa era ben materializzata a terra e concretamente attraversabile; scendendo un gradino, ci si immetteva a destra su una scalinata lunghissima, stretta e rettilinea, tracciata con una geometria militare rigidamente imposta sull’orografia del suolo in declivio, delimitata da muri a secco e configurata da gradini di pietra calcarea; ogni gradino era costituito da un sasso squadrato, spianato e rozzamente levigato, perfettamente incastrato tra i muri laterali. 
Scendendo verso valle, la scalinata si allargava, configurandosi come una gradonata dolce, immersa nel paesaggio di terrazzamenti coltivati ad oliveti.

Una scalinata monumentale nella sua semplicità ed essenzialità, che raccontava in silenzio una storia importante, una storia di guerre e di sangue, e che terminava su un ampio spiazzo accogliente e verdeggiante, innanzi alla torre cinquecentesca di Fossa Papa.
Gli abitanti di Termini la chiamavano “Scala Santa”.
Nelle domeniche di inverno e primavera della mia lontana infanzia ricordo passeggiate e scampagnate “giù alla Torre” di Fossa Papa, dove il suolo era tutto accessibile e percorribile, senza recinzioni, fin sotto l’imponente fabbrica della torre, a pianta quadrata, realizzata in muratura di conci squadrati di pietra, con i cantonali potentemente rinforzati.
Il volume tronco-piramidale, saldamente fondato al suolo, si restringeva alla sommità, dove si aprivano le caditoie, e poi si allargava nuovamente e terminava in alto con una terrazza protetta da resti di merlature invase da vegetazione spontanea, cresciuta da semi trasportati dal vento, insediatisi tra i corsi di malta. 
La torre all’epoca era abbandonata e pericolante, ma ricordo di essere entrata una volta all’interno, per uno sguardo fugace ai resti della scala interna.

(foto di Elia Fontana - 1989)

Durante queste gite, mentre pranzavamo al sacco, seduti sull’erba nei pressi della torre, a debita distanza dalle murature pericolanti, mio padre raccontava storie che mi apparivano assai poco verosimili e contrastanti con la bellezza e con la dolcezza del prato pieno di fiori, circondato da cespugli colorati di ginestre e di euforbie.
Raccontava che in cima alla torre, in passato, stazionavano soldati di vedetta di giorno e di notte, che scrutavano il mare per avvistare le navi dei pirati saraceni che giungevano su queste coste da molto lontano, e che a volte sbarcavano, saccheggiavano i paesi e rapivano gli uomini per usarli come schiavi, e le donne per introdurle nei loro harem; spiegava che dalla sommità della torre si potevano guardare altre torri, e che i soldati di vedetta comunicavano, di torre in torre, con segnali di fumo per segnalare il pericolo imminente.
Dopo tanti anni, quando ho avuto occasione di studiare autorevoli libri di storia locale di Massa Lubrense e della penisola sorrentina, ho avuto conferma della realtà di quei racconti, che mi inquietavano ed a cui preferivo non credere.
È ben noto, infatti, che la torre di Fossa Papa fa parte di un ampio sistema militare di torri di avvistamento e di difesa, costiero e collinare, realizzato nella seconda metà del XVI secolo durante il Viceregno spagnolo non solo in tutta la penisola sorrentina, ma lungo tutte le coste dell’Italia centro-meridionale affacciate sui Mari Tirreno, Ionio ed Adriatico, per contrastare le incursioni dei Turchi che sin dal medioevo avevano preso di mira queste terre.
Il camminatore che oggi si affaccia al belvedere panoramico su Fossa Papa, dall’alto di via Campanella e che ammira il paesaggio sottostante e la torre restaurata visibile in lontananza, dovrebbe leggere la cronaca della terribile invasione del 13 giugno 1558, e la storia di sangue, di morte e di distruzione che sconvolse il fertile e ridente territorio sorrentino e lubrense, e la vita dei suoi sprovveduti abitanti, migliaia dei quali furono uccisi o deportati, ed i superstiti privati delle loro case, delle chiese dei casali, delle campane, di tutti i beni materiali, dei prodotti della terra e del bestiame, oltre che dei loro cari. All’epoca, questa ed altre torri costiere ancora non esistevano. 
Durante le scampagnate dell’infanzia a Fossa Papa, ricordo di aver visitato anche alcune piccole casette rurali all’epoca disabitate, attestate poco oltre la torre, sulla sommità di un lungo sperone roccioso che su un lato discende verso il mare, aperto come uno scivolo inclinato a 45 gradi, prima con un prato ricoperto da vegetazione e poi con rocce inaccessibili.

(foto di Elia Fontana)

Sul lato opposto, lo sperone precipita con uno strapiombo franoso sulla “Fossa”; questa si configura come un vallone lungo e profondo, attraversato da un sentierino stretto, tortuoso e disagiato che si svolge alla base dello strapiombo franoso, fino ad una conca rocciosa che assomiglia ad una culla, ostile ma avvolgente, primordiale e misteriosa.

(foto di Elia Fontana - 1992)

In basso, le rocce precipitano nelle acque scure, inquietanti e profondissime di un’insenatura stretta, scavata nei millenni dal mare, in cui le onde di libeccio si incuneano durante le tempeste sollevando onde che si infrangono violentemente sulle rocce, con altissime colonne di schiuma.
In queste condizioni meteo il fragore delle onde, il sibilo del vento ed il lamento dei gabbiani che sorvolano la Fossa Papa, amplificati dall’eco che si genera tra i due opposti versanti che la delimitano, contrasta con la quiete del prato verdeggiante innanzi alla torre ed alle casette.
L’emozione dei contrasti rende questo luogo quanto mai affascinante.
Oggi a Fossa Papa, nei pressi delle antiche case, è stata avviata l’Azienda agrituristica Fossa Papa, con attività di ristorazione a conduzione familiare, valorizzando e recuperando le attività rurali della zona, tra cui l’allevamento di animali e la produzione di olio.
Le economie del passato rinascono in modo nuovo; i luoghi accolgono visitatori che giungono qui da tutto il mondo ed il turismo escursionistico si consolida.
Certamente lo sviluppo turistico apporta benefici ed un certo benessere alla comunità locale; spero tuttavia che l’evoluzione in atto riesca ad essere sostenibile e rispettosa dell’autenticità dei luoghi, del silenzio e della sacralità di questa terra, che si proietta verso il futuro con un bagaglio fatto di storia antichissima, ma anche di memorie rurali di un passato recente che non va dimenticato.
Buon cammino con passo lieve sulla strada! Francesca

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Questo racconto è riportato, nella sua versione completa ed illustrata, nel mio libro di recente pubblicazione dedicato alla comunità di Termini di Massa Lubrense, con alcuni miei ricordi di vita nel paese a partire dalla metà degli anni '60:
(cartaceo con immagini in bianco e nero; ebook con immagini a colori):


Altri miei libri di recente pubblicazione contenenti, tra l'altro, ricordi di cammini nella terra di Massa Lubrense, Termini, Punta Campanella, Nerano, Baia di Ieranto e dintorni, in forma di racconti autobiografici:
(cartaceo con immagini in bianco e nero; ebook con immagini a colori):





ARCHITETTURE-CAMMINO
(logo di Irene Munzù)





Commenti

Adriana Aiello ha detto…
Un racconto bellissimo.Ha evocato in me ricordi di infanzia quasi dimenticati.Grazie Francesca
Foto stupende
Francesca Aiello ha detto…
Ricordi indelebili, grazie Adriana